Ciò che conta nelle nostre risposte alla sofferenza

Nel precedente articolo ho iniziato a presentare alcuni principi di un modello di intervento psicoterapeutico che si chiama ACT (Acceptance and Commitment Therapy).

Le ricerche dell’ACT ci dicono che cercare di controllare o eliminare pensieri angoscianti o sensazioni dolorose serve solo ad amplificarli e a stare peggio.

Cosa possiamo fare allora per stare meglio?

Il modo migliore per rispondere a pensieri o sensazioni dolorosi è “fargli spazio” e continuare ad agire in direzione di una vita più sensata.

Questo approccio alla sofferenza si basa su tre principi:

  1. Non è possibile controllare i pensieri, le emozioni e le immagini mentali che ci fanno soffrire.
  2. Non è possibile risolvere tutto nella mente (vedi il mio precedente articolo sui “pensieri trappola”).
  3. È fondamentale imparare a coesistere con il dolore che appare non appena ci muoviamo verso direzioni di vita sensata.

L’accettazione ci aiuta a capire che l’unico modo per trovare la direzione migliore è uscire dalla zona di comodità.
Accettazione è il contrario di evitamento, uno dei meccanismi responsabili dei nostri blocchi psicologici e, allo stesso tempo è una parola che evoca l’idea di arrendersi, rinunciare o sopportare.
L’accettazione, al contrario, è una presa di posizione, è un atteggiamento attivo che ha a che fare con il comportamento e con l’azione.

Uscire dalla zona di comodità significa correre dei rischi, facendo spazio ai pensieri dolorosi e alle sensazioni fastidiose che emergono.
Certamente più ci alleniamo a uscire dalla zona di comodità, più sviluppiamo la capacità di provare cose nuove e stare con il dolore che ne deriva.
Più facciamo esperienza di ciò, più ci sblocchiamo.

Questo ha a che vedere con il terzo principio dell’ACT: “le persone non sono rotte, sono bloccate”, che approfondirò nel prossimo articolo.

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