Il disturbo di personalità borderline

Il disturbo borderline di personalità è molto invalidante ed è caratterizzato da instabilità delle relazioni interpersonali, variabilità dell’immagine di sé e da marcata discontinuità del tono dell’umore, delle manifestazioni comportamentali e dell’organizzazione dei propri pensieri.

Recentemente è stato ripubblicato un testo di Marsha Linehan, psichiatra statunitense con una pluridecennale esperienza di lavoro clinico con persone sofferenti di tale disturbo.
Uno degli aspetti più interessanti di tale libro è la descrizione che la Linehan tratteggia del mondo interno del paziente borderline.
In particolare la psichiatra prende in considerazione alcune dimensioni psicologiche caratteristiche di tale patologia.

Quali sono i principali connotati psicologici del disturbo borderline?
Ecco una breve descrizione di sei aspetti psicologici critici.

La vulnerabilità emotiva

Una persona sofferente di disturbo borderline ha una spiccata difficoltà a modulare la propria attività fisiologica: tutti abbiamo una variabilità nell’eccitazione emotiva e una serie di meccanismi autoregolatori che ci fanno ritornare a un livello di attivazione tollerabile.
Nel paziente borderline è come se si fosse inceppato tale meccanismo di modulazione, per cui è incapace di controllare l’entità e la durata delle emozioni sgradevoli che prova. Lui stesso percepisce di non avere il controllo su tali emozioni e la frustrazione che ne deriva, non fa che peggiorare la situazione interna.
Quando è in fase di eccitazione emotiva, il paziente è incapace di modulare i propri comportamenti, cade in una sorta di “pensiero dicotomico” nel quale il mondo è diviso tra nemici e amici senza mezze misure, è vittima di ruminazione con pensieri riferiti al passato che gli confermano le idee di essere vittima della situazione.
Quello che rende il tutto più angoscioso per il paziente borderline è la sensazione di non avere il controllo di sé e delle proprie reazioni emotive, che a volte sono adeguate, altre volte, inaspettatamente, non lo sono.
La Linehan utilizza un’immagine piuttosto efficace per descrivere la vita emotiva dei borderline: racconta i pazienti come degli ustionati, come se fossero privi di pelle emotiva protettiva, perciò esposti all’impatto degli eventi stressanti in modo molto più estremo degli altri.

Autoinvalidazione

Spesso i borderline hanno vissuto in ambienti familiari invalidanti, che hanno inciso su una fragilità biologica pre-esistente.
Tali ambienti hanno dato il messaggio a tali persone che ciò che loro sentivano non era corretto e che le loro risposte emotive non erano adeguate.
La conseguenza è che tali persone non riescono più a fidarsi di ciò che sentono, o, peggio, non riescono a dargli un nome.
Spesso si vergognano per ciò che sentono, perché è stato detto loro che “non è corretto”, e sono stati anche puniti per ciò che hanno provato.
Spesso non si fidano dell’interpretazione che danno alle situazioni, perché non sanno se ciò che provano è corretto, per cui non capiscono se la loro rabbia ha ragione di esistere o se è scorretta.
Uno dei modi per comunicare un loro vissuto non resta che la manifestazione estrema di esso, attraverso una crisi di rabbia, perché questo è l’unico modo con il quale in passato riuscivano a farsi ascoltare in famiglia: hanno appreso che l’esplosione emotiva era l’unico mezzo per essere riconosciuti nella loro sofferenza.

Passività attiva

Non fidandosi di ciò che sentono, non capendo se l’interpretazione che danno alla situazione è quella giusta, i pazienti borderline tendono a non fidarsi neppure delle proprie scelte.
Una tendenza è allora quella di delegare agli altri, di coinvolgere attivamente chi sta loro vicino nella soluzione dei loro problemi, dimostrandosi passivi nella loro gestione autonoma.
A volte il paziente borderline dimostra una sorta d’iperadesività emotiva, incapace com’è di scegliere in autonomia, e di estrema dipendenza dall’altro, arrivando a violente reazioni se egli percepisce la minaccia di perdere delle persone significative.

Competenza apparente

In alcuni contesti relazionali il paziente borderline dimostra una buona competenza nella gestione dei problemi della vita quotidiana, appaiono capaci e validi.
Il problema è che, una volta che si cambia contesto, ci possono essere delle ripercussioni emotive sull’umore della persona, con un’attivazione emotiva non più controllabile.
Questo cambiamento repentino in contesti diversi può avere anche un effetto spiazzante per chi sta accanto ad una persona con un disturbo borderline.
La loro competenza è piuttosto una “maschera” di competenza apparente, dovuta spesso a un’inibizione dell’espressività emotiva: la persona si sente in difficoltà, ma non si percepisce capace di comunicarlo, o lo comunica in modo non efficace.
Di cero questa variabilità di competenza getta la persona nello sconforto e nella sensazione di non riuscire a prevedere le proprie reazioni in circostanze via via differenti.

Crisi ricorrenti

Il fatto che per il paziente borderline sia complicato ristabilire uno stato di attivazione di base lo porta a essere costantemente esposto a ulteriori elementi ambientali stressanti, all’interno di un “effetto domino” che lo porta a essere soggetto a crisi ricorrenti.
Esse si manifestano con un’esasperazione delle reazioni emotive e con comportamenti disfunzionali di attacco e di fuga dalle situazioni stressanti.  È per questo che per il paziente borderline è complicato mantenere relazioni interpersonali continuative.
Soggetti a uno stress cronico e a un’endemica incapacità a prevedere le loro stesse reazioni, vivono in un frequente senso di soverchiamento e d’impotenza di fronte ad un perpetuo stato di crisi.
La Linehan descrive efficacemente l’escalation cui sono soggetti i pazienti borderline: a causa del discontrollo emotivo e del rimuginio cognitivo essi sono particolarmente sensibili alle perdite e ai lutti, che non riescono a elaborare.

Inibizione delle emozioni negative

A proposito delle perdite e dei lutti, aspetti critici per il paziente borderline, essi rimandano a un passato di eventi traumatici ripetuti e non elaborati, spesso nel tentativo di non esperire vissuti angosciosi.
Frequentemente egli ha sperimentato la perdita del controllo su di sé e sulle situazioni esterne, la perdita della speranza di poter fare affidamento su figure di sostegno, la perdita della possibilità di poter essere accettati.
Questi eventi interni luttuosi lo rendono ipersensibile al lutto e terrorizzato dalla prospettiva che, se affrontano la situazione di perdita, allora quella sensazione non avrà mai fine.
Preferiscono così non affrontarla: la conseguenza è che non riescono ad elaborarla e rimangono continuamente riesposti alla perdita.
Bibliografia di riferimento: Marsha M. Linehan, Introduzione alla DBT – Raffaello Cortina Editore, 2017.

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