Russ Harris nel suo libro “La trappola della felicità” esprime molto bene come possiamo intendere la parola “felicità”.
Da un lato possiamo pensare alla felicità come ad un “sentirci bene”, un provare un senso di contentezza e gratificazione.
Questo ci porta ad inseguire le sensazioni piacevoli e a cercare di trattenerle quando ci scivolano via.
È per questo che, se dedichiamo la nostra vita a inseguire le belle sensazioni, passeremo un’esistenza di grande frustrazione.
Le sensazioni di felicità non durano. Più cerchiamo di controllarle, più esse sfuggono al nostro controllo.
Dall’altro lato Harris definisce la felicità come “vivere una vita ricca, piena e significativa”.
Questo avviene quando capiamo ciò che conta profondamente per noi e ci muoviamo verso ciò che consideriamo prezioso.
Allora la nostra vita diventa ricca e piena di significato e proviamo un forte senso di vitalità. Questa non sarà una sensazione fugace, ma un profondo senso di realizzazione.
È però importante chiarire che una vita di questo tipo, nella quale andiamo verso ciò che per noi è importante, ci darà sensazioni piacevoli, ma anche spiacevoli, come paura e tristezza.
Anzi, proprio perché mi sto muovendo verso qualcosa di nuovo, la mia mente produrrà timori, paure, ansie, fatica.
Il punto è che una vita piena mi farà provare l’intera gamma delle emozioni umane.
Per questo essere vitali è diverso dal sentirsi sempre bene.
L’aspetto fondamentale però è che dobbiamo aver chiaro verso cosa vogliamo andare, cosa per noi è prezioso, cosa rende la nostra vita migliore e più degna di essere vissuta.
Questo ci porta all’ultimo principio dell’ACT: “È importante avere chiaro ciò che per noi conta davvero”.
Lo approfondirò nel prossimo articolo.