I miti sulla felicità:…e vissero veramente “per sempre felici e contenti”?

Molto del mio lavoro di terapeuta ha a che fare con le idee sulla felicità.

Come Russ Harris ci ricorda nel suo libro “La trappola della felicità” la nostre società, i mass media, i film, i romanzi, le comunicazioni sui social, ci trasmettono alcune “idee forti e inattaccabili” sull’essere felici.

Queste idee in realtà la maggior parte delle volte ci complica la vita, proprio perché non riusciamo a realizzarle nella nostra esistenza.

Ma siamo proprio sicuri che siano vere? O non sono piuttosto degli ideali, dei miti, delle falsità?

Guardiamo quattro miti sulla felicità, che Russ Harris ci ha descritto e che ho trovato particolarmente utile smontare assieme ai pazienti nel mio lavoro.

Mito 1: la felicità è una condizione naturale di tutti gli essere umani.

Questo è un mito che mi ricorda Maria, una signora di circa cinquant’anni, ossessionata dall’idea che tutti fossero felici tranne lei. Maria sosteneva che lei sola fosse esclusa da una condizione “normale” di felicità, si guardava attorno e vedeva solo persone più fortunate e si chiedeva il perché.

Come Maria tutti noi attraversiamo dei periodi in cui ci sentiamo esclusi da una condizione comune di felicità generalizzata, e ovviamente questa percezione non fa altro che farci sentire peggio! La sensazione di essere esclusi dal “club della felicità” non fa che deprimerci ancora di più.

In realtà la vita è per sua natura molto diversa.

Come ci ricorda Russ Harris le stime dell’O.M.S. parlano chiaro.

La depressione è la quarta malattia al mondo in termini di frequenza, costi ed effetti debilitanti. Un adulto su quattro, in qualche fase della sua vita, è dipendente dall’alcool o da altre sostanze, ci sono più di venti milioni di alcolisti soltanto negli Stati Uniti.

Una persona su due, nel corso della propria vita attraversa un periodo in cui prende in considerazione l’idea del suicidio e una su dieci tenta effettivamente di togliersi la vita.

Se guardiamo a questi dati, ovviamente il mito della felicità come condizione normale non può che frantumarsi.

Questo mito è frutto della nostra mente, non è un dato di realtà.

Mito 2: se non sei felice hai qualcosa che non va.

Questo mito è la logica conseguenza del mito precedente.

Viviamo in un mondo in cui ci viene detto che non si deve provare sofferenza.

La definiscono la “società della distrazione”. Se provi una sofferenza la devi estirpare, perché vuol dire che sei sbagliato, guasto, difettoso, magari anche malato.

In realtà la sofferenza è una componente normale della nostra vita, la nostra mente funziona così, è il frutto della nostra evoluzione.

Come dico spesso alle persone che incontro nel mio lavoro, la sofferenza non è una parte di noi che va annullata, o soppressa o nascosta a noi stessi. Non possiamo neppure avere il controllo sulle nostra angosce, non possiamo cancellarle o rimandarle. Quello che propongo nel mio lavoro è cercare di cambiare il rapporto che abbiamo con le nostre sofferenze, rimanendo in ascolto di esse. Dove c’è una sofferenza c’è qualcosa che conta per noi.

E soprattutto la sofferenza psicologica non ci rende “di serie B” rispetto agli altri, piuttosto ci accomuna al genere umano.

Mito 3: per avere una vita migliore dobbiamo sbarazzarci dei sentimenti negativi.

Luigi viene da me depresso e angosciato. Ha conosciuto una ragazza e ha da subito pensato di avere trovato l’anima gemella. Poi, con il passare dei mesi, le cose sono cambiate, la sua ragazza ha cominciato a mostrare dei lati del suo carattere “scomodi” e irritanti. La complicità iniziale ha cominciato a incrinarsi e Luigi è confuso, non sa se mettere fine alla relazione o continuare…

Come dicevo, le cose che contano nella nostra vita inevitabilmente ci fanno soffrire. Se ho una relazione sentimentale che conta veramente per me, prima o poi questa inevitabilmente sarà fonte di delusioni e frustrazioni. Non esiste il partner perfetto, prima o poi emergeranno dei dissapori.

Quando noi ci impegniamo per qualche cosa che conta veramente, allora nasceranno inevitabilmente delle sofferenze in quel campo.

Se vogliamo andare dietro al mito del “cancellare le sofferenze per stare bene”, allora siamo destinati a non impegnarci veramente in nulla. Non è possibile crearsi una vita migliore se non si è pronti a provare emozioni sgradevoli.

Quello su cui lavoro personalmente con le persone non è azzerare le sofferenze, ma imparare a fare in modo che esse abbiano un impatto minore sulla nostra vita, che non ci schiantino.

Alla fine di tutto ciò che conta è riuscire a rendere la nostra vita più degna di essere vissuta anche in presenza di sofferenze ineliminabili.

Mito 4: dovresti essere capace di controllare ciò che pensi e che provi.

Questo mito secondo me ha a che fare con il concetto di lotta.

Mi spiego meglio. Molto spesso in alcune pratiche o da parte di vari guru arriva il messaggio che bisogna “eliminare i pensieri”, “fare il vuoto nella mente”. Ovviamente se ci proviamo siamo destinati a fallire. La nostra mente funziona così, è come una scimmia che salta da un ramo ad un altro, ci porta a pensare continuamente cose senza possibilità di interromperci. C’è sempre nella nostra mente un chiacchiericcio di fondo che valuta, progetta, critica, prevede, ecc. ecc. Non è possibile interrompere questo chiacchiericcio di fondo. E non è possibile neanche selezionare i nostri pensieri, scartare quelli brutti e tenere solo quelli belli. Forse è possibile per un po’ di tempo, ma prima a poi i brutti pensieri torneranno ad affacciarsi alla porte della nostra mente. Ripeto, la nostra mente funziona così. Più cerchiamo di eliminare i brutti pensieri, più entriamo nella lotta con essi, e in questa lotta i pensieri sgradevoli non possono che aumentare. Nella lotta diamo energia ai nostri brutti pensieri.

Stessa cosa con le nostre sensazioni sgradevoli. Non possiamo controllare ciò che sentiamo. Le sensazioni sono come delle nuvole che entrano nel cielo della nostra consapevolezza, transitano secondo una loro velocità, e poi passano. Possiamo momentaneamente liberarcene, se proviamo a scacciarle, ma dopo un po’ tornano. Poi se ne vanno di nuovo. E poi ritornano ancora. E così via.

Possiamo avere un po’ di presa su alcune sensazioni se non stiamo troppo male, ma se il livello di sofferenza aumenta, la nostra capacità di controllo diminuisce.

Purtroppo questo mito è molto diffuso e largamente condiviso.

Motivo per cui, tutte le volte che non riusciamo a controllare i nostri pensieri o le nostre sensazioni ci sentiamo sbagliati e imperfetti, come se non funzionassimo bene.

Questi quattro miti ci intrappolano nella lotta.

Ci dicono che dovremmo essere diversi, ma secondo dei messaggi che sono contrari alla natura umana. Facciamo parte del “club degli esseri umani”, e come tali soffriamo, non possiamo controllare le nostre sensazioni e il massimo che possiamo fare è imparare a viverci assieme, impegnandoci a creare una vita degna di essere vissuta.

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