I pensieri negativi: come possono aumentare la nostra ansia

Incontro Carlo nel mio studio qualche mese fa.
Mi racconta che la sua vita è drasticamente peggiorata dopo il divorzio. È convinto di essere un fallimento, di rovinare tutto ciò che tocca e che non riuscirà più a ricostruirsi una vita.
È ovvio che tutte le sue convinzioni lo bloccano in partenza. Non si può arrischiare nel fare nulla, perché è convinto in partenza che fallirà.

Il primo gradino che affrontiamo assieme nel nostro lavoro è cominciare a notare i suoi pensieri: gli assegno il compito di scrivere a casa i pensieri più frequenti. A volte non è facile farlo, a volte i nostri pensieri sono così automatici e rapidi da risultare invisibili alla nostra consapevolezza.
Gli esercizi che faccio fare agli inizi servono per “fare un passo indietro” e riuscire a notare i pensieri ricorrenti e intrusivi che fanno stare male.
Questo aiuta a cambiare il nostro rapporto con i pensieri che ci frullano in testa e a cominciare a non prenderli come cosa vera in assoluto.
Se io penso “sono un introverso” e credo pienamente a questo pensiero, allora sono già bloccato sin dall’inizio.

La seconda cosa che ho chiesto a Carlo è stata, dopo aver scritto i suoi pensieri, di individuare quali caratteristiche costanti avevano, in altre parole qual era il suo stile di pensiero negativo.
Come ho spiegato a Carlo, i pensieri negativi hanno delle caratteristiche comuni, che si possono riassumere in alcune categorie.
Riconoscere che tipo di pensieri negativi abbiamo è un lavoro fondamentale per cominciare a prenderne le distanze.

Ecco un breve elenco di alcune tipologie di pensiero negativo.

1) La catastrofizzazione

Chi ha questo stile di pensiero pensa agli eventi che devono accadere immaginando che andranno nel modo peggiore possibile e reagisce come se sicuramente gli eventi precipiteranno drammaticamente.

Ad esempio una persona che ha un dolore ricorrente può cominciare a pensare che sicuramente ha qualcosa che non va, può continuare pensando che sicuramente sarà qualcosa di gravissimo e via via si costruisce tutta una serie d’immagini di lui ricoverato, di lui che deve affrontare un intervento… tutto ciò come se fosse una cosa certa.

2) Il “dovrei”

La caratteristica di questo tipo di pensiero negativo consiste nel ritenere che non si è stati, e non si è, all’altezza.

Chi è schiacciato dai “dovrei” ritiene che si è comportato in modo stupido, che avrebbe dovuto pensare meglio, prima di commettere un errore. Non si perdona di non essere stato perfetto.

È certo che nessuno è immune all’errore, perciò chi è afflitto dai “dovrei” è continuamente intrappolato dalla convinzione di essere incapace e debole, convinzione che non gli permette di vedere, né tanto meno apprezzare, i propri successi, schiacciato com’è dai propri fallimenti.

3) Il ragionare “emotivo”

Questo tipo di pensiero negativo avviene tutte le volte che mi creo una convinzione su qualcosa perché mi sento emotivamente scosso.

Se ho paura nel guidare, comincio a pensare che sicuramente avrò un incidente. Diventa una certezza.

Se ho paura che un dolore non cesserà mai, allora comincerò a essere certo che non cesserà.
In altre parole i miei sentimenti guidano il mio modo di pensare.

Specialmente quando sono preso da una tempesta emotiva, mi creo delle convinzioni inattaccabili, che poi cambiano se riesco a placare tale tempesta e ad essere emotivamente più stabile.

4) Il biasimo

Il biasimare è attribuire la responsabilità di ciò che accade.

Questa tipologia di pensiero negativo porta una persona a ritenere che gli altri siano totalmente responsabili di ciò che di negativo gli accade, o, nel caso dell’auto-biasimo, che lui stesso sia completamente responsabile.

Nel primo caso la situazione non può che peggiorare: proprio perché attribuisce agli altri la responsabilità di ciò che sta vivendo, si aspetta che siano gli altri a intervenire per modificare la situazione e non si attiva in prima persona.

Nel secondo caso ugualmente tale persona è inchiodata. L’auto-biasimo la porta a pensare che, proprio perché è totalmente incapace, non riuscirà a migliorare mai. Questa convinzione sulla sua mancanza di valore lo porta a non iniziare nulla di nuovo, a rimanere nell’inattività.

5) Filtrare

Una persona “filtra” quando si focalizza unicamente sugli aspetti negativi della propria vita, escludendo ogni possibilità di percepire qualunque ipotesi positiva.

In questo senso il “filtrare” è un’operazione del nostro pensiero che seleziona solo il negativo: posso scegliere di ricordare solo ciò che mantiene il mio dolore, o la mia rabbia. Posso percepire nelle persone che mi circondano solo ciò che è coerente con il mio umore depresso, escludendo qualsiasi altra cosa.

È chiaro che il “filtrare” porta a rimanere ancorati al proprio dolore e alla propria rabbia, ingigantendo solo alcuni aspetti in linea con quei sentimenti.

È una tipologia di pensiero negativo perché ci blocca e ci conferma quello che pensiamo, escludendo eventi o ricordi positivi.

6) Pensiero polarizzato

Il pensiero polarizzato è quello che ci fa vedere le cose solo in bianco e nero, senza sfumature e senza mediazioni.

Se non faccio una cosa perfettamente, vuol dire che sono un fallimento.
Se non raggiungo quel risultato in una settimana, mollo tutto.

Non posso permettermi passi falsi, perché sono un segno che non sono all’altezza, e quindi è meglio lasciar perdere.

Chi ha questo stile di pensiero non capisce che si può procedere per piccoli passi: il miglioramento deve essere radicale e veloce, altrimenti vuol dire che sto perdendo tempo.
Chi sta dentro a questo modo di pensare generalizza eccessivamente i fallimenti e utilizza di solito termini assoluti (tutto, niente, mai, sempre, nessuno…).

Non considerando i piccoli cambiamenti tali persone vivono in una continua frustrazione su di sé e sugli altri, mai all’altezza delle proprie aspettative assolute.

7) False credenze di diritti

Chi ha questo stile negativo di pensiero pensa di vivere una vita ingiusta. “Dovrebbe” stare bene per diritto, e, se ciò non accade, si sente ingannato dalla vita.

Queste persone legano l’esperienza della perdita e del dolore a una qualche forma d’ingiustizia divina, a volte facendo confronti con gli altri, che appaiono più fortunati. Non riescono a farsene una ragione, sommando alla percezione del dolore anche la sofferenza per essere stati “traditi” dalla vita.

8) Credenze illusorie sul controllo

Questo tipo di pensiero si manifesta in due modi.

Nel primo la persona crede di avere la responsabilità e il controllo di come vanno le cose. “Se mi fermo io, crolla tutto” è un pensiero classico di queste persone. Conseguentemente non riescono a condividere i pesi e le fatiche con i familiari.

Nel secondo tipo le persone attribuiscono tutto il potere e il controllo agli altri. Ad esempio a un medico, dandogli tutta la responsabilità e il potere sul proprio destino. In questo modo si assolvono da qualsiasi responsabilità sulla loro guarigione, o si sentono internamente incapaci di cambiare.

In entrambi i casi si tratta di un pensiero rigido, senza sfumature, che considera il controllo totalmente nelle proprie mani o nelle mani altrui.

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