I “pensieri trappola” sono comuni prodotti della nostra mente che ci possono bloccare e impedire di portare avanti progetti importanti della nostra vita.
Non possiamo fermare la nostra mente e impedirle di produrli, ma possiamo riconoscerli e decidere se crederci quando la nostra mente li genera.
Possiamo quindi agire secondo i nostri progetti di valore anche in loro presenza, non sentendoci vincolati o bloccati.
Richard Blonna nel suo testo “Sex ACT” ne descrive alcuni.
Ecco i sei “pensieri trappola” più comuni.
“I miei pensieri sono veri”
Questa è la trappola mentale che ci fa credere che, visto che pensiamo una cosa, quella cosa è necessariamente vera.
Come dire: “Se lo penso, allora è così”.
Di fatto, però, molti nostri pensieri sono giudizi, opinioni, interpretazioni soggettive e non dati di fatto.
Simone al lavoro incrocia un collega in corridoio e nota che ha una strana espressione in volto. Comincia a pensare: “Che faccia! Ce l’avrà con me, se mi guarda così. Non so cosa gli ho fatto, ma è chiaro che ce l’ha con me”.
Continuando a pensarci arriva a dirsi: “Forse ho sbagliato l’altro giorno a comportarmi così con lui…”.
Simone dà per scontato che il collega sia arrabbiato con lui, perché questo è ciò che gli è venuto in mente.
In realtà solo perché la mente mi dice delle cose, ciò non significa che siano vere.
Ciononostante, ci arrabbiamo, ci rattristiamo o ci preoccupiamo quando “abbocchiamo” a ciò che la mente ci dice.
Non ci accorgiamo che queste “verità” in realtà sono giudizi, opinioni o interpretazioni soggettive.
“I ricordi sono la realtà”
Molto legata alla trappola precedente questa dinamica mentale si manifesta quando pensiamo a eventi del passato.
Enzo, ad esempio, può pensare ad un rapporto intimo avuto in gioventù, e considerare che sia stato un disastro. Rivive nel ricordo dei dettagli e dei particolari che gli fanno pensare che le cose siano andate effettivamente molto male.
Questi ricordi, in realtà, sono soggetti a omissioni o drammatizzazioni.
Noi tutti torniamo ai fatti del passato omettendo dei particolari o esagerandone altri, nel bene o nel male.
Cadiamo nella trappola “i pensieri sono la realtà” quando crediamo che i pensieri legati ad un evento e l’evento effettivo siano la stessa cosa, mentre essi sono una rielaborazione soggettiva dei fatti avvenuti.
Questo diventa evidente quando ci confrontiamo con altre persone testimoni di quegli stessi eventi del passato, e scopriamo che loro ne hanno una versione molto meno drammatica, o elaborata diversamente.
Enzo potrebbe avere delle sorprese positive se potesse confrontarsi con la sua prima amante o, perlomeno, potrebbe avere una versione meno drastica di quel loro primo incontro intimo.
Questo gli farebbe capire che i suoi ricordi sono in realtà delle sue rielaborazioni, non sono dei dati di fatto.
“I pensieri sono ordini”
Questa trappola ha a che fare con l’dea che, poiché pensiamo una cosa, allora dobbiamo agire di conseguenza.
Luisa comincia ad avere delle sensazioni fastidiose, sente un peso all’imboccatura dello stomaco. Comincia a pensare che ha un problema fisico importante e deve risolverlo immediatamente andando dal medico, salvo poi scoprire che non c’era alcun problema fisico.
Luisa è “presa all’amo” dai suoi pensieri, c’è una specie di urgenza che la porta ad agire immediatamente in linea con questi pensieri.
Posso pensare che l’altro mi stia provocando. Se cedo all’impulso di dargli un pugno, cado nella trappola “i pensieri sono ordini”.
In realtà, se realizziamo che essi sono frutto della mia mente, posso anche dirmi che non devo agire in base a a questi pensieri.
I pensieri possono anche essere piacevoli.
Se, ad esempio, nutro una fantasia sessuale nei confronti di un’altra persona e cedo all’impulso di mettere in atto tale fantasia, cado nella stessa trappola.
Non tratto i pensieri come fantasie a occhi aperti, ma come “ordini” che devo portare avanti.
Non dobbiamo agire in base a tutti i nostri pensieri. Infatti, molti pensieri, piacevoli o spiacevoli, potrebbero metterci nei guai, se agissimo sempre basandoci su di essi.
“Posso risolvere tutto nella mia testa”
Gianni vuole iniziare un’esperienza di volontariato ma, prima di cominciare, vuole sentirsi “pronto”. Per cui comincia a immaginare tutte le situazioni che potrebbe incontrare e come potrebbe risolverle.
Se solo riuscisse a prevedere e risolvere tutto, allora sì che potrebbe iniziare.
Ovviamente Gianni si blocca.
Questa trappola mentale ci dice che possiamo sciogliere tutti i nodi di una situazione problematica solo pensandoci, prevedendo tutte le evenienze e avendo il controllo di tutti gli aspetti.
Questa è la classica trappola dei rimuginatori.
Queste persone passano ore e ore a pensare ad una situazione futura, progettando e cercando di prevenire tutti gli imprevisti.
Il problema è che la mente genera continuamente pensieri ed emozioni collegati ad una situazione in modo potenzialmente infinito.
Ciò genera ulteriori questioni da risolvere, in un corto circuito che ci blocca.
Il punto è che non è possibile risolvere tutti gli aspetti di una situazione complicata solo riflettendoci.
Spesso ci tocca affrontare una situazione sentendoci “non pronti”, e ciononostante accettare di affrontarla.
Questo perché, se aspettassimo di “essere pronti”, non agiremmo mai.
Poi spesso accade che l’esperienza diretta della situazione è completamente diversa da come pensavamo potesse essere.
“Pensieri vecchi e datati”
Può capitare che rimaniamo incastrati in pensieri ormai antichi, che non hanno più nulla a che vedere con ciò che siamo ora.
Ad esempio, una persona può avere avuto esperienze sessuali insoddisfacenti in gioventù, seguite poi da esperienze più gratificanti.
Se una nuova storia sentimentale gli rievoca episodi fallimentari del passato, egli può rimanere ancorato a idee di sé antiche, che non hanno più a che vedere con il presente.
Queste idee sono ricordi datati del passato, non rappresentano più la realtà di chi siamo ora.
Cadiamo nella trappola di “pensieri vecchi e datati” quando “abbocchiamo all’amo” di idee antiche su di noi che creano barriere e blocchi per nostre azioni di valore.
“La pervasività”
Questa trappola mentale esagera la dimensione e la portata di problemi ridotti e specifici.
Specialmente nelle nostre “aree critiche” tendiamo a ingigantire l’entità di un problema o i nostri difetti.
Roberta, ad esempio, fatica ad esprimere le sue opinioni con i suoi amici quando è in disaccordo. Quando si trova in una situazione di questo tipo comincia a pensare: “Non valgo molto come amica”. Oppure: “Non sono per niente brava nelle relazioni interpersonali”.
Così facendo Roberta non considera degli aspetti di sé funzionali e positivi.
Potrebbe essere una buona ascoltatrice, una persona che sa sdrammatizzare o che è capace di prendersi cura degli altri.
La pervasività induce Roberta a pensare di sé cose totalmente negative, estremizzando delle sue criticità specifiche e ridotte.
Cadiamo nella “trappola della pervasività” quando, partendo da problemi specifici di un determinato contesto, allarghiamo l’idea negativa di noi stessi ad altri aspetti della vita che non c’entrano nulla.